Un escursione per scoprire uno dei formaggi d’alpeggio tradizionali della Lombardia: lo Storico Ribelle.
Lo storico Ribelle è un formaggio tradizionale delle valli di Alberedo e Gerola in provincia di Sondrio, prodotto con passione da 13 casari negli alpeggi della zona.
Nasce nel rispetto di tecniche antiche, nei calècc: millenarie strutture di pietra che costellano gli alpeggi, create per allestire una zona di caseificazione mobile. La produzione avviene nei pascoli, con il latte appena munto, ancora caldo, da vacche e capre Orobiche alimentate solo con la vegetazione di alpeggio.
Un nome che nella sua semplicità rispecchia l’autenticità di un formaggio già conosciuto come Bitto Storico. I produttori storici del Bitto hanno deciso di ribellarsi dopo che il formaggio è stato dichiarato DOP e la zona di produzione allargata.
In disaccordo con il nuovo disciplinare meno rigido rispetto alle tecniche originali di produzione mette sullo stesso piano produzioni molto diverse. I produttori storici hanno deciso di dissociarsi e dare vita al “Bitto Storico”. Nome che però per questioni di utilizzo del marchio entrava in conflitto con il Bitto DOP e non poteva essere usato. Grazie all’aiuto di Slowfood hanno creato un consorzio di 13 produttori storici e resistenti, che hanno dato vita allo Storico Ribelle.
Il formaggio Storico ribelle, già Bitto Storico, è senza dubbio, uno dei simboli della produzione casearia lombarda: formaggio di grande tradizione e straordinaria attitudine all’invecchiamento, è legato in maniera profonda alle montagne da cui prende origine.
Il nucleo storico della sua produzione si trova nelle valli formate dal torrente da cui prende il nome: Gerola e Albaredo, in provincia di Sondrio.
Il formaggio che si produce negli alpeggi di queste valli, a un’altitudine che va dai 1400 ai 2000 metri, conserva caratteristiche speciali.
I caricatori, infatti, sono impegnati nel mantenimento di tutta una serie di pratiche tradizionali che esaltano la qualità del formaggio, oltre a svolgere un ruolo basilare nella conservazione dell’ambiente e della biodiversità alpina.
Innanzitutto, si pratica il pascolo turnato: nei tre mesi di alpeggio, la mandria è condotta attraverso un percorso a tappe, che va dalla stazione più bassa a quella più alta.
Lungo la via, i tradizionali calècc – millenarie costruzioni in pietra che proteggono la zona di caseificazione- fungono da baita di lavorazione itinerante, sempre a portata di mano, in modo che il latte non debba viaggiare, se non per pochi metri, e possa essere lavorato prima che il suo calore naturale si disperda.
Un’altra pratica, promossa dai produttori storici, è la monticazione, insieme alla mandria bovina, delle capre Orobiche. Il latte di questi animali entra per un 10, 20% nella produzione del formaggio e gli conferisce una speciale aromaticità e persistenza. Per assicurare il massimo controllo delle condizioni sanitarie del bestiame, i monticatori mungono solo a mano.
La salatura del formaggio avviene preferibilmente a secco; in questo modo si forma una crosta più delicata, garanzia di una migliore maturazione. È espressamente vietato l’uso di integratori nell’alimentazione dei bovini e l’uso di additivi, conservanti o fermenti selezionati nella produzione del formaggio.
Questo formaggio entra come ingrediente fondamentale, assieme al burro, al grano saraceno e alle verze nella composizione del piatto simbolo della Valtellina: i pizzoccheri.
Un trionfo dei sapori della montagna, una bomba calorica che si può metabolizzare soltanto se la ricetta fa parte del DNA personale o se si scalano quelle stesse montagne da cui ha origine. Ma sarebbe ingiusto relegare uno dei più nobili formaggi italiani al rango di condimento: lo Storico Ribelle, giustamente stagionato è straordinario da tavola, e quando poi si prolunga l’affinamento per 6, 7 anni o più, diventa uno dei rarissimi formaggi da meditazione del mondo.