Abbiamo parlato in questo articolo dell’importanza della vista nel percorso di degustazione. 

Mangiare con gli occhi infatti è il primo approccio con il cibo. E abbiamo visto quanti elementi è necessario tenere in considerazione quando diamo attenzione alla vista, per esaminare attentamente un formaggio.

Attraverso gli occhi il cervello inizia a elaborare il desiderio di avvicinarci e toccare.

A cosa serve il tatto nella degustazione

Con il tatto riusciamo a capire due caratteristiche importanti: consistenza ed elasticità dei formaggi. 

Un formaggio può essere duro o molle, elastico o cremoso; e osservando come risponde al tatto riusciamo a stabilire il suo grado di stagionatura. 

I formaggi stagionati sono più duri al tatto rispetto a quelli più freschi, ma non devono essere secchi o ruvidi, perché questa caratteristica può indicare che l’affinamento non è avvenuto perfettamente.

L’elasticità è la capacità di ritornare alla forma di origine dopo aver subito una pressione. In un formaggio l’elasticità della pasta ha a che fare con il contenuto di grasso presente nel latte utilizzato per la sua caseificazione. Più un formaggio risulta elastico, minore è la quantità di grasso che contiene. 

Degustare per scegliere meglio

In questa seconda tappa ci accorgiamo ancor meglio che degustare è un viaggio che si compie lentamente, in cui siamo chiamati a porre attenzione ai nostri sensi. 

Abbiamo deciso di parlarne qui, perché crediamo sia davvero importante dedicare del tempo per scoprire a pieno il valore di ogni alimento che mangiamo.

Riscoprire quelle abilità innate, che coinvolgono i sensi, e che ci permettono da sempre di riconoscere l’autenticità del cibo per sceglierlo con maggior consapevolezza.  

Degustare quindi, non è solo un’attività per aspiranti food blogger o fighetti annoiati, ma diventa una pratica, attraverso la quale dare la giusta attenzione ai piccoli ma importanti gesti quotidiani. 

Mangiare è da sempre un bisogno primario, un atto naturale e istintivo. 

Mangiare oggi deve diventare un atto consapevole.

Tornare a coltivare il cibo

Nel corso della Storia l’uomo ha sempre cacciato o coltivato il cibo di cui aveva bisogno. Aveva un contatto diretto con la natura e conosceva bene quello che mangiava. Oggi invece, per mangiare dobbiamo comprare. Siamo stati allontanati dal processo di cura e creazione del cibo, facendolo diventare una merce.

In più a complicare le cose, ci troviamo di fronte a un’enorme varietà di prodotti industriali che cercano di imitare artificialmente colori odori e sapori naturali. 

Diventa davvero difficile riconoscere qualcosa di cui, senza accorgerci, abbiamo perso il contatto.

È necessario tornare ad allenare i nostri sensi, farli diventare nuovamente protagonisti e affidarci a loro nella ricerca della verità, per scegliere la bontà genuina. 

Il giusto valore

Quando vedo un formaggio a un prezzo molto basso mi preoccupo, perché so quanto lavoro e quanto impegno servono per creare un prodotto genuino. Non solo buono nel gusto ma soprattuto ricco di buoni nutrienti. E so che un prezzo basso è un campanello d’allarme. Indica chiaramente che qualche elemento di quel lavoro è stato saltato o sfruttato. Il latte fresco che da sempre il casaro usa in alpeggio sarà, nel migliore dei casi pagato a bassissimo prezzo agli allevatori, oppure sarà rimpiazzato da quello in polvere. Quando vedo prezzi troppo bassi capisco che quello che ho di fronte è merce che serve a riempire scaffali, ma di certo non un alimento sano per me e la mia famiglia.

Mangiare meglio non è un lusso perché prima di tutto significa eliminare gli sprechi e il superfluo. 

Comprare con un criterio di genuinità restringe il campo, semplifica e ci coinvolge attivamente.

Ci accorgiamo allora che non serve riempirci di tante cose diverse, ma che basta assaporarne una alla volta, per riempire e appagare i nostri sensi.

Per noi Escursionisti del Gusto degustare significa esplorare il mondo, rispettandolo.

Buon assaggio.

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